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“Le campane suonarono a stormo” di Rino Solinas.

Sabato 5 ottobre alle ore 17.30, presso l’aula consiliare del comune di Itri verrà presentato il romanzo storico: “Le campane suonarono a stormo” (Paolo Sorba Editore, 2019, € 15,00) di Rino Solinas e il dramma di Nicola Maggiarra “Quando canta la civetta” (Editore Caramanica, Marina di Minturno, € 15,00).      

   Solinas che ha presentato il 27 aprile u.s. il libro a Santa Teresa Gallura, ha ricevuto da parte del sindaco di Itri, avv. Antonio Fargiorgio, l’invito a presentarlo a Itri, tramite un messaggio vocale fatto pervenire all’autore.  Significativo il gesto di riconciliazione tra le due comunità, che l’autore auspica, ben recepito dal primo cittadino di Itri.

   Rino Solinas, residente a Santa Teresa Gallura, autore di romanzi ambientati in differenti contesti, dà prova con questo nuovo lavoro, di saper fare convivere narrativa e storia, dando forma ad una vicenda d’amore, attraverso personaggi e fatti, che fanno da sfondo ad un avvenimento dai contorni tragici verificatosi nel lontano 1911 a Itri, paese allora in provincia di Caserta.

   Un puzzle da costruire per il lettore, passo dopo passo, che lo porterà a comprendere quella realtà, che certamente non può essere considerata solo d’altri tempi. L’autore racconta gli avvenimenti con partecipazione, ma con diffuso senso di obiettività.

   Tra le righe del romanzo emerge l’atteggiamento spavaldo di poche teste calde, che crearono i presupposti perché i locali cogliessero il pretesto per le  violenze.  L’assenza di una attenta visione dei conflitti, che si andavano creando, sfuggì, anche se segnalati, come si evince dalla narrazione, a chi avrebbe dovuto salvaguardare la vita degli operai e la serenità della popolazione di Itri, cioè, le autorità dello Stato.  

   Dubbi e certezze, dopo oltre un secolo, tra le due comunità, che ancora oggi si addossano la responsabilità di quel massacro.

   Solinas, però, fa da mediatore attraverso la vicenda di Cicutenne e Angelina, la sua amata, che lo fa ritornare in continente, dopo che si sono scambiati promesse d’amore eterno. È Itri, il paese dal quale, come tanti operai sardi, è dovuto andar via, dove ritornerà e troverà accoglienza. Potrà così continuare a dare vita ad un amore sbocciato tra le avversità, che continuerà ad essere vivo nel corso degli anni. E come scrive nella sua prefazione al romanzo il prof. Emidio Quadrino: “Fa tutt’uno con il dramma umano vissuto dagli isolani nel 1911; verosimilmente legato con gli avvenimenti successivi al dramma, per la presenza di sardi di prima e seconda generazione presenti tuttora a Itri e Fondi.”

   Solinas, inoltre, non si limita a raccontare, ma cerca di coinvolgere il lettore, con un atteggiamento che può sembrare buonismo, ma che in realtà denota soltanto buon senso.

   Il romanzo storico: Le campane suonarono a stormo, scritto con passionale realtà, vuole essere motivo di riflessione per quanti, a distanza di così lungo tempo, trovano difficoltà nel giungere ad una pacificazione, lodevole intento da parte di entrambe le comunità, che riconoscano che la verità non sta da una sola parte.

   Prima dell’inizio dei lavori verrà proiettato un breve filmato che ripercorre le dolorose vicende dell’emigrazione sarda in cerca di lavoro per il mondo, curato dallo stesso autore. Il sindaco di Itri ha invitato i colleghi dei comuni di  Santa Teresa Gallura, Pattada, Ottana e di Lanusei ad intervenire alla presentazione, nonché il Direttore generale dell’Assessorato agli Enti Locali della Regione Sardegna. Due i minatori morti a Itri originari di Ottana, uno di Lanusei. Un protocollo d’intesa da lui ideato e, se sarà condiviso, darà il via al tanto auspicato gesto di riconciliazione da me proposto nel 2011 con il saggio “1911-LA RIVOLTA DI ITRI” e da Rino Solinas con il suo romanzo storico.

Pino Pecchia

- Articolo pubblicato su "CASERTA SERA" il 1° ottobre 2019.

 

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ANSA 2 OTTOBRE 2019

Sabato riconciliazione, 108 anni fa rivolta anti-operai Sardegna (di Fausto Gasparroni) (ANSA) - ROMA, 2 OTT - "Scoppia" la pace tra Itri e la Sardegna? E' quanto potrebbe succedere a oltre un secolo dalla storica, sanguinosa rivolta della popolazione di Itri (Latina) contro operai e minatori sardi impegnati nella costruzione della locale galleria ferroviaria nella tratta Fondi-Itri, per la quale ci furono morti e feriti tra i lavoratori provenienti dalla dirimpettaia Sardegna. Cornice dell'evento, l'Aula consiliare del municipio itrano dove il sindaco, l'avvocato Antonio Fargiorgio, ha indetto per sabato prossimo, 5 ottobre, alle 17.30 un convegno che, fin dal titolo, punta a segnare un punto di svolta nei difficili rapporti che nel corso degli ultimi 108 anni si sono sviluppati tra il piccolo centro pontino e i sardi proprio in conseguenza di quella rivolta scoppiata agli inizi del Novecento, il 12 ed il 13 luglio 1911. "I Sardi ad Itri, sulla via della riconciliazione" è stato infatti titolato il manifesto dell'incontro organizzato da Pino Pecchia, scrittore e cultore di storia locale che al tema ha già dedicato un volume edito nel 2003 dal titolo analogo, "I Sardi ad Itri" curato nella copertina da Vito La Rocca, pittore e scultore allievo di Emilio Greco, scomparso nel 2017. Una prima rigorosa ricostruzione storica fatta da Pecchia col chiaro intento di individuare le colpe e le responsabilità da ambo le parti, senza generalizzazione, ma priva di ogni forma di "sconti" per quanti si macchiarono di quegli orrendi delitti. All'incontro sono stati invitati dall'Amministrazione i sindaci dei paesi di provenienza dei minatori vittime (Lanusei, Ottana, Pattada e Santa Teresa di Gallura) che avranno modo di spiegare agli itrani il loro punto di vista storico, ma anche il dolore e le sofferenze subite dagli aggrediti e dai loro familiari. E, in rappresentanza delle più alte istituzioni isolane, il direttore generale dell'Assessorato Enti Locali della Regione Sardegna. All'introduzione del sindaco di Itri farà seguito la relazione storico-giuridica di Valerio De Gioia, giudice della Prima sezione penale del Tribunale di Roma. "Il convegno costituirà l'occasione per avviare un ripensamento delle vicende del luglio 1911 che - spiega Fargiorgio - videro coinvolti itrani e sardi, vicende che oggi, a oltre un secolo di distanza, reclamano fortemente, anzi impongono, una rimeditazione. Penso sia arrivato il momento perché tutti ci adoperiamo per riscrivere quella triste pagina di storia. Ritengo che le nostre comunità abbiano ormai da tempo raggiunto la maturità necessaria per colmare un solco che non ha più (anzi che non avrebbe mai dovuto avere) ragion d'essere". I morti ammazzati, stando alle ricostruzioni fatte durante il processo svolto a Napoli, furono tre e i feriti diverse decine, ma secondo la stampa sarda del tempo le cifre sarebbero state almeno tre volte superiori. Nove furono i condannati in contumacia a 30 anni di reclusione, trenta le assoluzioni. Tra le vittime ci fu Antonio Barranca, per il quale il quotidiano Nuova Sardegna parlò di "barbaro omicidio". Giudizio condiviso dallo storico Pecchia che nel suo libro del 2003 scrive, tra l'altro, che effettivamente si trattò di "un barbaro omicidio vigliaccamente consumato, considerato che chi lo commise non era tra i rivoltosi della piazza che lo inseguivano, ma un cecchino che, ben appostato, volle sadicamente infierire su uno sventurato che si trovava nella stessa condizione di una volpe braccata da una canizza abbaiante. Tutto questo avvenne 4 ore dopo l'inizio dello scontro, un lasso di tempo più che sufficiente perchè la rabbia repressa per tanto tempo potesse essere smaltita. Ma non fu così!...". Va pure ricordato che alcune famiglie itrane ospitarono e salvarono in quei giorni di rivolta diversi minatori sardi. Alcuni di essi decisero persino di sposarsi e di abitare proprio a Itri come i Musu, i Casu, mentre altri, i Carta, presero casa nei comuni vicini. Al convegno saranno anche presentati due nuovi libri sui Sardi a Itri, "Quando canta la civetta" di Nicola Maggiarra, ex sindaco di Itri, e "Le campane suonarono a stormo" dello scrittore sardo Rino Solinas. Come dire che la "pace" tra Itri e Sardegna passa anche attraverso la cultura e magari auspicabili gemellaggi con i comuni sardi coinvolti nella tragedia. (ANSA). GR 02-OTT-19 12:57

 

INTRODUZIONE AL CONVEGNO DI PINO PECCHIA

Un cordiale buonasera a tutti, e, in particolare, agli ospiti sardi presenti. Oggi sono nella doppia veste di conduttore e relatore. Spero di far bene entrambe le cose.

Una serata speciale questa. Direi epocale.

Come nasce questo Convegno.

Il sindaco avv. Antonio Fargiorgio di concerto con l’Amministrazione che presiede, su proposta di Solinas, di coinvolgere alcune istituzioni della Sardegna, ha fatto si che la presentazione dei libri, ideata in un primo momento, si trasformasse in un convegno, con un titolo molto significativo: "Sulla via della riconciliazione".

L’invito è stato rivolto, come avete potuto leggere da manifesto e invito, dal primo cittadino di Itri ad alcune istituzioni della Sardegna.

Degli invitati sono presenti:

Il dott. Umberto Oppus, Direttore generale dell’Assessorato agli EE. LL. e Finanze della Regione Sardegna; il sig. Franco Saba sindaco del comune di Ottana cittadina in provincia di Nuoro. Al convegno sono stati invitati anche i sindaci di Santa Teresa Gallura, Pattada e di Lanusei. Di questi il sindaco Angelo Sini ha inviato un messaggio auspicando sentimenti di riconciliazione. Stefano Pisciottu, sindaco di Santa Teresa Gallura, ha inviato una targa in segno di amicizia.

Prima ancora dell’inizio di questo incontro un doveroso ricordo va agli operai sardi che persero la vita il 13 luglio del1911: due provenivano da Ottana, Antonio Atzas e Antonio Barranca, uno da Lanusei, Efisio Pitzus.

La serata si annuncia densa d’interventi. Se propositivi, nell’ottica del convegno, i risultati saranno positivi. Comunque, a chi interverrà, rivolgo il cortese invito a essere breve. A tutti serenità. Non è dato tutti i giorni di avere una così qualificata rappresentanza della Sardegna con cui dialogare, e, lasciatemelo dire, un auditorio così competente.

Rivolgo il mio personale saluto alla dottoressa Patrizia Stefanelli, relatrice del libro di Nicola Maggiarra, e a tutti gli ospiti venuti dalla Sardegna, e in particolar modo al dott. Oppus e a Franco Saba sindaco di Ottana.

Ringrazio l’amico Solinas, Nicola Maggiarra, già mio sindaco, la dirigente Rita la Rocca e il collaboratore Nicola Ialongo, dell’ufficio cultura, per il supporto organizzativo, e non ultimo il sindaco, che darà inizio agli interventi, mentore di questa serata.

Tra i presenti ringrazio l’Associazione Ytri Archeologica nella persona della dott.ssa Rosa Corretti, che ha curato per me le pubbliche relazioni in sala.

Il dott. Giampaolo Ciccarelli per le traduzioni in dialetto itrano di alcuni passi del libro di Solinas.

Molto gradita, è la presenza dell’Associazione Cerdena, (la Famiglia Sarda) costituitasi a Latina nel 2003, alla quale sono molto legato. È assente il suo Presidente Loddo impegnato in uno scambio culturale a livello Italia-USA con 150 giovani Rotariani, l’Associazione è rappresentata questa sera dal suo vice Presidente Filippo Cerina discendente di quel Pasquale Cerina, capo operaio della Ditta Spadari, che visse la tragedia del 1911, al quale nacque la figlia Angela a Itri sette mesi dopo gli scontri.

Ringrazio per aver accettato il mio invito il vice sindaco di Fondi dott. Beniamino Maschietto, e la Presidente della Commissione Pari Opportunità, dott.ssa Rita Di Fazio. A Fondi nel 1911, peraltro, era presente in Contrada Sant’Andrea una numerosa comunità di operai sardi di oltre seicento unità.

Ai giornalisti e alle testate Internet un grazie per il sostegno divulgativo che hanno dato al convegno, e che ha avuto un importante proiezione in campo nazionale, dopo un lungo e circostanziato comunicato ANSA, e ad altre testate nazionali, grazie all’impegno del dott. Orazio La Rocca, figlio di Itri, assente oggi per motivi di lavoro presso il mensile "Panorama" del quale è vaticanista.

Ai graditi ospiti isolani, che accompagnano Solinas, il mio personale saluto di benvenuto. È mio dovere ricordare, come autore, prima di dare la parola al sindaco, è di informare che la volontà di una riconciliazione, oggi fortemente auspicata, è stata partecipata ben sedici anni fa, tramite le presentazioni riportate nei miei libri, prima dall’assessore alla Cultura, Raffaele Mancini, nel 2003, e dal sindaco Giovanni Agresti nel 2011.

Da ultimo è Rino Solinas ad invocare la riconciliazione, e questo, come cittadino e romanziere sardo, gli fa onore.

I fatti del 1911 li conoscete, più o meno, magari con dei distinguo. Il malessere purtroppo in questi 108 anni non si è attutito, anzi. In questi ultimi tempi carta stampata, siti Internet e Social mostrano un fermento che non esito definire conflittuale.

Dicevo dell’accresciuta contrapposizione tra le due comunità, e allora definire storica, come mi suggeriva il dott. Maggiarra questa serata, mi sembra il termine più appropriato, se non altro perché è il terzo invito che Itri, tramite i suoi rappresentanti rivolge alle Istituzioni della Sardegna. Entrambe obbligate, se mi è consentito, a trovare un punto d’incontro per l’inquietudine che si snoda da sempre tra le due comunità.

C’è da parte dell’Amministrazione Fargiorgio la volontà reale di gettare le basi per un dialogo franco e costruttivo; e progettare futuri appuntamenti, con l’intenzione di giungere, come recita il titolo del Convegno, ad una riconciliazione tra le due comunità.

Invito il sindaco Fargiorgio a prendere la parola e dare inizio agli interventi.

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5 ottobre 2019 relazione al libro di Rino Solinas: Le campane suonarono a stormo

Un benvenuto a Itri, mio caro amico Solinas, nel paese ricordato, spesso, come patria del "Brigante" Fra Diavolo da certa stampa, che poco o niente sa di lui. Grazie a te per avermi coinvolto in questo affascinante lavoro, all’Amministrazione comunale che ha voluto sostenerci nella presentazione.

L’idea di presentare il libro a Itri, mi ha trovato favorevole e disponibile a concordare con il sindaco Fargiorgio e l’ufficio cultura questa serata. Non vi nascondo che mi ha colpito, quando ne venni a conoscenza, il titolo, forte, del romanzo storico di Rino Solinas: Le campane suonarono a stormo. Non ne feci parola. Precisai solo che le campane suonarono il giorno dodici. Conoscevo già i contenuti del libro, che l’autore mi partecipava via mail durante la stesura.

C’eravamo conosciuti in modo virtuale. L’approccio era stato cordiale. Chiedeva di acquistare i miei libri. L’omaggio che gli feci fu ricambiato di lì a qualche giorno con cinque dei suoi romanzi.

Voglio scrivere un romanzo imperniato su due giovani, mi confidò, un sardo e un’itrana, che si erano conosciuti durante gli avvenimenti del 1911. Mi disse anche di aver consultato il testo di un suo corregionale e letto le notizie su alcuni siti Internet: notizie tutte a senso unico: la colpa di quella tragedia era della comunità itrana.

Lui ne voleva sapere di più.

Il dubbio, necessario per chi vuole sapere dei fatti di Itri, che oggi è storia, senza appiattirsi sulla prima cosa che gli capita da leggere, è ricercare notizie pubblicate da fonti diverse, mi confidò Solinas, galeotto fu il mio sito www.visitaitri.it

Così nacque la nostra amicizia, circa tre anni fa, che il tempo ha consolidato. Dai miei libri ha scoperto che i fatti potevano essere letti in modo diverso. I documenti, le notizie supportate da fonti inoppugnabili l’hanno convinto a dare al suo romanzo, il sesto per la precisione, un tono più articolato e preciso della vulgata sarda.

Le notizie, le foto, il materiale storico, le tradizioni e frasi in dialetto itrano, che spesso mi chiedeva su Itri e Fondi, mi hanno spinto a consigliarlo a dare un taglio diverso al suo lavoro, che poteva diventare un romanzo storico. Così è stato.

Quanto vi ho partecipato, è stato necessario per farvi conoscere il personaggio Solinas, con attività commerciale propria, romanziere per passione, ospite questa sera dell’Amministrazione comunale, sicuro che sarà accolta da voi, portatori di quella ospitalità che è patrimonio di questa terra, come quella sarda, nel migliore dei modi.

V’introduco brevemente alla lettura del libro.

LE CAMPANE SUONARONO A STORMO è un romanzo gradevole e coinvolgente. La vicenda tragica dei sardi presenti a Itri, per l’apertura di gallerie sul tracciato ferroviario della direttissima Roma-Napoli nel 1911, è presentata attraverso una articolata narrazione, che evidenzia la condizione dei protagonisti per quanto accaduto, le loro avventure, le speranze e, purtroppo, le loro sofferenze. I personaggi sia principale che di contorno, lo sfondo sociale e storico, così rappresentati dipingono un quadro triste, ma reale, che rendono chiaro ed evidente la volontà dello scrittore: informare sui fatti, senza essere di parte, dando la dovuta importanza al valore della dignità umana umiliata e ferita in modo profondo e insanabile.

Rispecchia i sentimenti e l’amore di Solinas per la sua Sardegna.

I personaggi.

Il suo alter ego è un giovane professore d’italiano insegnante in una scuola media a Fondi, negli anni ‘80, dotato di grande umanità. Sardo, dai modi educati, pronto al dialogo con i suoi alunni. È alla ricerca, da qualche tempo, di notizie di uno zio, certo Giovanni, scomparso il 13 luglio del 1911 senza lasciare tracce.

Possiede però degli appunti avuti da un collega, scritti da un giornalista che aveva raccolto lo sfogo degli operai sardi rientrati in Sardegna dopo il 13 luglio, con il foglio di via.

La fortuna aiuta il professore, perché un suo alunno dal cognome sardo, interrogato sulla sua origine, gli confida i nomi del parentado. C’è tra questi un certo Cico, "padre grande" lo chiama il ragazzo, è il bisnonno.

Il prof. fiducioso di scoprire quanto andava cercando, chiede di incontrarlo: è lui l’amico dello zio Giovanni, si domanda, che sposò dopo i fatti di Itri, Angelina? Da Cico a Cicutenne il passo è breve, e lo scoprirà quando incontra il corregionale nei pressi dei giardini pubblici di Fondi.

L’anziano gli parla della grande amicizia con lo zio. La fortuna aiuta il prof. che riceve da Cicutenne, in un successivo incontro nella sua abitazione un suo manoscritto. "Tienilo – disse – uniscilo a quello che già possiedi e ne otterrai una visione chiara dei fatti accaduti a Itri".

Ho intravisto in queste righe, pronunciate da Cicutenne, l’essenza del pensiero che Solinas propone in altre parti del romanzo. … "L’oblio cancella ogni cosa, esponendoci l rischio di intraprendere nuove strade disseminate di errori già compiuti, ed è per tale motivo vorrei che questi, in parte spaventosi ricordi fossero una sorta d’insegnamento, una esortazione alla riappacificazione di due comunità vittime della stessa miseria umana."

E il professore trascrive in un unico testo i due manoscritti che porterà in classe e farà leggere a turno ai suoi alunni.

Al centro degli avvenimenti, naturalmente, la storia d’amore di Cicutenne e Angelina.

È un magnifico affresco LE CAMPANE SUONARONO A STORMO, che spesso commuove per il suo verismo, ricco di personaggi e di storie. Un romanzo scritto con il cuore di un vero sardo, teso a difendere, giustamente, i sacrifici di una comunità spesso presa di mira con luoghi comuni e discriminazioni. Non a caso nella prefazione il prof. Quadrino scrive:

"È questo il sentimento, motivo conduttore del romanzo, che non oscura gli avvenimenti storici, ben conosciuti, che l’autore descrive con dovizia di particolari, a distanza di oltre un secolo. Lo scenario è ricco di particolari, sia nella discrezione degli ambienti, che dei personaggi, con tutti i loro sentimenti autentici e profondi. Viene da chiedersi se quanto narrato descriva un particolare momento storico, o se rappresenti una situazione vissuta dall’Italia di oggi."

Tra le righe del romanzo emerge l’atteggiamento spavaldo di poche "teste calde", che crearono i presupposti perché i locali cogliessero il pretesto per le violenze. L’assenza di una attenta visione dei conflitti, che si andavano creando, sfuggì, anche se segnalati, come si evince dalla narrazione, a chi avrebbe dovuto salvaguardare la vita degli operai e la serenità della popolazione di Itri, cioè, le autorità dello Stato.

Il resto dovrete leggerlo da voi…

Così va a completarsi il romanzo storico di Rino, pubblicato dall’editore Paolo Sorba che l’ha accompagnato unitamente alla signora Solinas e a quattro amici isolani, in questa trasferta a Itri.

Riconciliazione, è questo il sentimento che anima Solinas, con passionalità. La stessa adottata con coraggio qualche settimana fa nei confronti di articoli di stampa e su Internet, quando ha chiesto su Facebook di precisare le fonti dei 10 morti e 60 feriti riportati da un giornalista e dal oltre 25 siti, o di smentire tali notizie.

È stato un gesto coraggioso da parte d un sardo. Spero che gli internauti lo vogliano imitare, non forse altro per solidarietà nei suoi confronti e della loro identità.

La riconciliazione

Ho trovato, circa un mese fa, in Internet, dopo otto anni dalla sua pubblicazione, un articolo a pag. 26 de Il Messaggero Sardo a firma di Roberto Mura, che ha recensito nel luglio del 2011, in occasione del centenario dei fatti di Itri, il libro della storico sardo prof. Antonio Budruni.

Un siparietto ben evidenziato riferito a me, ma principalmente alla comunità itrana, si trova in fondo alla pagina. Ecco cosa scrive Budruni:

Riconciliazione impossibile senza (almeno) le scuse

"Sull’eccidio sono stati scritti altri due libri, "I sardi a Itri", del 2003, e "La rivolta di Itri", fresco di stampa. Il loro autore è Pino Pecchia, funzionario del Comune itrano in pensione. Pecchia, con intento pacificatorio, dà la colpa allo Stato, che pur sollecitato, lasciò sola la popolazione e l’amministrazione comunale a gestire i problemi di una vera e propria invasione di operai. Pecchia vuole gettare un ponte ideale tra sardi e itrani: "Ma la riconciliazione – sostiene Budruni - presuppone se non le scuse, almeno qualche parola di commiserazione per i poveri operai sardi trucidati. E questo da parte itrana non è mai avvenuto, anzi, si continua con la logica di cent’anni fa: assolvere tutti, dando le colpe allo stato".

Evidentemente Budruni non ha letto le presentazioni dell’assessore alla cultura dell’epoca Raffaele Mancini, né del sindaco Giovanni Agresti nel 2011, tantomeno la prefazione di p. Giuseppe Comparelli. Perché, Budruni i miei libri, credo, li ha letti prima che lui desse alle stampe il suo lavoro, pubblicato a luglio dello stesso anno. Per quanto mi riguarda ho espresso solidarietà ai morti e feriti in più parti nei miei testi, ricordandoli il 26 febbraio del 2011 in apertura del mio intervento in occasione della presentazione "1911-La Rivolta di Itri", peraltro videoregistrato.

Nonostante tutto si continua da parte dei sardi a scrivere di me, di aver difeso la comunità itrana in entrambi i testi. Perdonatemi, se vi propongo due autorevoli giudizi sulle mie ricerche:

Il prof. Pasquale Maffeo, critico letterario e d’arte, traduttore, poeta, narratore e drammaturgo, relatore a Fondi del mio libro il 13 luglio 2011, ha voluto rilasciare di suo pugno questo giudizio sul mio libro: Questo volume si connota come lavoro di critica storica: imparziale, lucido, organico.

Qualche mese dopo ottenni un giudizio insperato dalla Giuria, presieduta dal prof. Ugo Piscopo, saggista, narratore e poeta, del Premio Internazionale Tulliola quale 1° classificato per la saggistica; … Con la ricerca di documenti preziosi, da quelli giuridici, a quelli giornalistici, con testimonianze documentate e fotografie dell’epoca rende giustizia a un fatto doloroso proponendo un sottile ed acuto riesame dei fatti accaduti.

Come avete ascoltato non ho voluto parlare degli avvenimenti del 1911. Ma a pag. 60 e 76 del mio saggio ci sono due mie considerazioni, il giudizio del Procuratore Generale e dell’avv. Francesco Manzi, che difese con altri colleghi gli itrani.

A pagina 60, circa uccisione di Antonio Barranca scrivevo:

"Non aveva torto il quotidiano sardo, però, quando affermava che si trattava di un barbaro omicidio! Vigliaccamente consumato, direi, considerato che chi lo commise non era tra i rivoltosi della piazza che lo inseguivano, ma un cecchino che, ben appostato, volle sadicamente infierire su uno sventurato, che si trovava nella stessa condizione di una volpe braccata da una canizza abbaiante. Tutto questo avvenne quattro ore dopo l’inizio dello scontro, un lasso di tempo più che sufficiente, perché la rabbia repressa per tanto tempo potesse essere smaltita. Ma non fu così!"

Nelle conclusioni riportavo il giudizio del Procuratore Generale:

"… I più prepotenti e arroganti erano i sardi e tra loro riuniti, per quello spirito di solidarietà, che saldamente fuori la patria di origine avvince gli isolani, si davano all’orgia, disturbando la quiete pubblica e trascorrendo talora a private contese ed a reati contro la quiete pubblica."

Con altrettanta fermezza giudicò gli itrani, constatando che c’era da:

"… Restarne offeso il sentimento d’italianità".

Durante l’escussione dei testi, alla Corte d’Assise di Napoli, furono recapitate numerose lettere anonime. Un segnale negativo che evidenziò la conflittualità esistente all’interno della comunità itrana, che lascia perplessi. Lettere di accuse contro carcerati che, secondo gli anonimi, avevano partecipato o erano diretti responsabili della rivolta. Accuse che furono smentite da decine di testimoni. Si approfittò del processo, di per sé complesso, per usarlo nel modo più abietto: risolvere antichi rancori. Un aspetto sconfortante che avvilisce.

Il severo richiamo dell’avv. Francesco Manzi verso i suoi concittadini fu durissimo. Parlando degli anonimi, durante la fase dibattimentale disse:

"… il frutto della più nera vigliaccheria di rettili deformi".

Non mancarono i colpi di scena, quando alcuni operai sardi, testi di Parte Civile, ribaltarono le prove per le quali erano stati chiamati in causa dai denuncianti, rilasciando dichiarazioni in favore degli imputati. Tre anni in cui successe di tutto, sia in tribunale, che nell’opinione pubblica, sollecitata da certa stampa.

Vi sembra, quanto ho scritto e riportato nel mio libro, un atteggiamento partigiano?

E concludo, ringraziando tutti voi per avermi ascoltato... A Rino pongo due interrogativi:

Amico mio siamo due Don Chisciotte? È utopia la nostra?

Una cosa è certa, e ci può consolare: i nostri scritti hanno un comune denominatore, la riconciliazione. Spero, come te, che il convegno sia foriero di un risultato rilevante, anche se proiettato nel tempo, per la presenza stasera a Itri della Istituzioni isolane. Riconciliazione fortemente auspicata dal sindaco Fargiorgio e da me con gli interventi registrati e riprodotti il 27 aprile scorso a Santa Teresa Gallura durante la prima del tuo lavoro.

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Presentazione a Itri del romanzo “Le campane suonarono a stormo” di Rino Solinas. Intervento dell’autore del 5 ottobre 2019.

Buonasera… 

Non potevo neanche lontanamente immaginare un tale affettuoso abbraccio da parte di così tanta gente.

I doverosi ringraziamenti che dovrei fare in questa occasione sarebbero veramente tanti, ma per questioni di tempo non posso adempiervi, per cui i primi li faccio a voi, che siete la parte più importante, gli altri gli destino in modo particolare a chi ha fortemente voluto questo convegno, nonché alle importanti istituzioni presenti, unendoli in un unico omaggio di gratitudine.

Grazie a tutti per esserci, per aver organizzato in modo così impeccabile questa serata, ospitandomi e ospitandoci nella vostra meravigliosa cittadina.

Grazie davvero…

Durante la lunga avventura per realizzare questo romanzo ho conosciuto persone davvero straordinarie: Itrani, fondani, sardi, italiani in genere insomma, tutta gente che si è subito dimostrata molto interessata al mio progetto, ma soprattutto al lato umano della vicenda che volevo raccontare.

Nei giorni scorsi mi sono chiesto che genere di intervento avrei dovuto fare qui a Itri, come presentarmi, In che modo esporre il mio lavoro e su quali aspetti indirizzarne il dialogo.

Difficile scegliere…

In fondo, ho pensato, non sto proponendo niente di nuovo. Il mio è un romanzo storico come tanti, che presenta, incastonata in un contesto più ampio una storia, una storia che inevitabilmente riapre una vecchia ferita italiana come ce ne sono tante.  Una vicenda forse da molti dimenticata o mai conosciuta, ma certamente una piaga ancora da rimarginare.

Dubbioso su come procedere ho deciso di incominciare dando risposta a una domanda che spesso i lettori pongono agli autori: Quali sono i motivi principali che inducono uno scrittore a scegliere l’argomento per dar forma a un’opera narrativa? Perché, mi sono chiesto, la scelta di avventurarmi in un caso così complicato, aspramente dibattuto al punto che ancora oggi suscita stupore e risentimento?  

Il giornalista scrittore Curzio Malaparte nel 1956 scrisse: “Vi sono due modi di amare il proprio Paese: quello di dire apertamente la verità sui mali, le miserie e le vergogne di cui soffriamo, e quello di nascondere la realtà sotto il mantello dell’ipocrisia, negando piaghe e turbamenti.”

Ed è proprio da questa considerazione che nasce l’idea del romanzo. Da quel desiderio di voler raccontare cose che non ci piacciono e che avremo preferito tacere e dimenticare. Ma i tempi che viviamo ci impongono di scoperchiare queste antiche miserie. Troppe analogie ci fanno capire che non si è intervenuto a sufficienza affinché queste cose non accadessero più. Sì, perché questi tragici fatti anche se con modi differenti continuano a verificarsi anche ai giorni nostri.

Quello di cui tratto nel libro è un avvenimento ormai lontano nel tempo. Sebbene sia rimasto sepolto per oltre un secolo, un fatto così forte ha creato controversie e distanze purtroppo ancora esistenti, soprattutto tra i ricercatori e gli studiosi delle due comunità coinvolte. Comunità che si sono trovate al centro di una cronaca che suscitò lo sdegno dell’intera Nazione.

Quando ne venni a conoscenza, rimasi molto impressionato da un evento che aveva oltraggiato e offeso l’onore e la dignità dei miei conterranei sardi.

Spinto da questi sentimenti, iniziai le ricerche, consultando tra i pochi scritti conosciuti sull’argomento un libro di un autore sardo: Antonio Budruni che per la prima volta in Sardegna metteva a nudo le cause che avevano portato alle tragiche conseguenze di Itri. É qui che appresi le iniziali informazioni, ma non mi bastava una sola versione dei fatti, dovevo andare oltre, capire perché la sera del 12 luglio del 1911 a Itri le campane suonarono a stormo chiamando a raccolta gli itrani e annunciando sinistramente quanto sarebbe accaduto il giorno successivo.

Ero sgomento, annichilito dalla follia umana che aveva annullato le menti, ma una domanda continuava a martellarmi la mente: PERCHE’!

E qui il dovere della memoria mi impone oltre il ricordo dei morti, anche di rivolgere uno sguardo ai circa 20 feriti, senza dimenticare tutti quei giovani e padri di famiglia che perdendo il lavoro furono incolpevolmente rimandati in Sardegna con un infamante foglio di via.

Ma anche ricordare la memoria dell’itrano Michele Di Biase, assassinato nel mese di maggio del 1911 da due sardi, lavoratori della ferrovia, per sottrargli la somma di 10.000 lire.

Ma torniamo alla mia domanda: Perché! Perché si era consumato un fatto cosi ignominioso?

Dovevo investigare, approfondire, sapere se nei luoghi di origine della tragedia era rimasta traccia di quanto accaduto.

Durante le ricerche  ho conosciuto Pino Pecchia, studioso e profondo conoscitore dei fatti di Itri, il quale entusiasta del mio progetto mi ha mostrato i suoi studi, ampiamente esposti e documentati in due libri dei quali mi ha fatto dono.

A quel punto dovevo solo analizzare gli scritti di Pecchia e metterli a confronto con quanto riportato dal Budruni.

Fu dopo una adeguata e approfondita lettura che ebbi una visione più chiara e dettagliata, deducendo che… forse, la verità sulle motivazioni che avevano scatenato il dramma stavano proprio lì, al centro delle rivelazioni dei due autori.

Lo scopo del mio lavoro non era e non doveva essere: come ridistribuire le colpe.  Non intendevo emettere pareri, questo era un compito riservato agli storici e non a un narratore. Io dovevo approfondire il clima, ricreare la condizione umana che aveva generato la sanguinosa rivolta, ma l’obbiettivo principale era cercare un modo per riappacificare, ridare serenità alle due comunità, vittime si delle loro azioni, ma, a mio avviso anche di uno Stato impreparato, incapace di prevenire e difendere i suoi cittadini.

Forte delle conoscenze acquisite ero ormai pronto a scrivere, ma avevo bisogno di un pretesto forte, capace di amalgamare il racconto e creare passionalità.

Sapevo che dopo la tragedia molti operai sardi erano rimasti in questo territorio con le loro famiglie. Altri vi avevano trovato moglie e si erano stabilmente radicati in terra aurunca, e allora, quale arma migliore dell’amore poteva dare forza e speranza ad una così vergognosa miseria umana?

Ho sempre sostenuto che la speranza e la fiducia germogliano nei cuori giovanili. Ed è proprio attraverso i sentimenti d’amore di due ragazzi che ho accompagnato il lettore alla conoscenza del dramma. Due ragazzi che con le loro emozioni sono riusciti a indicare la via per superare l’abisso e andare oltre lo sconforto. 

Dopo aver speso cinque anni tra ricerche, approfondimenti e stesura, spero di essere riuscito, mi auguro col dovuto garbo narrativo, a realizzare uno strumento letterario utile, che, oltre a una riflessione sul nostro attuale procedere, possa servire anche a ridurre le campanilistiche distanze tra chi ancora si interessa del caso.

E come ha voluto evidenziare l’amico Pino Pecchia in uno dei suoi libri: recuperare una comune comprensione di quei fatti confermando di voler raggiungere un collettivo intento che superi differenze di vedute e distanze di animi.

Come avrete potuto notare il disegno di copertina rappresenta le campane che quella sera a Itri suonarono a stormo. Il momento più drammatico di tutta la storia.

Non a caso il bozzetto adagiato su uno sfondo bianco è stato scelto per esprimere luce, fiducia e speranza nel futuro.

Grazie gente di Itri, grazie ancora per la vostra presenza a questo convegno. Sono certo che saprete accogliere con saggezza questa mano tesa verso una doverosa riconciliazione.

Grazie davvero… grazie a Tutti

 

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Lettera di saluto del sindaco di Pattada al sindaco di Itri e ai partecipanti al convegno del 5 ottobre 2019

Illustre sindaco FARGIORGIO, gentili cittadini di Itri, gentili presenti, ringraziandovi fortemente per il vostro invito, mi scuso per non poter essere qui con voi a condividere questa importante giornata che spero possa essere un ulteriore tassello per un definitivo chiarimento e un chiaro segnale di riappacificazione tra la vostra comunità ed il popolo Sardo.

Visto quanto sta ultimamente succedendo in Italia e nel mondo mi capita spesso di pensare a quanto avvenne ad Itri nel 1911, e penso purtroppo che la storia, se non affrontata con adeguati mezzi, è destinata spesso a ripetersi. Quanto successe ad Itri non è altro che la lotta che spesso si combatte tra i penultimi contro gli ultimi. Le colpe e le ragioni non sono mai divisibili con un colpo di scure, ma esistono colpe e ragioni in ognuna delle due parti. I miei conterranei che andarono ad Itri per lavorare, lasciando una vita di stenti, non erano sicuramente tutti dei santi e pagavano la provenienza da una situazione sociale molto precaria, i residenti videro in queste persone dei potenziali concorrenti in quelli che erano i lavori più umili, fonte di un’economia di sopravvivenza, e, come detto in precedenza, questo sentimento fu acuito da alcuni comportamenti non propriamente cristallini dei miei conterranei. Questa miscela esplosiva portò ai tragici eventi di quel funesto mese di luglio. La grave colpa fu l’assenza dello Stato che abdicò completamente al proprio ruolo di mediatore che avrebbe magari rasserenato gli animi e prevenuto il tragico epilogo.

Penso questo e mi rattristo vedendo quanto succede oggi all’arrivo di barconi di disperati che spesso fuggono da teatri di guerra, con uno Stato che, anziché rasserenare gli animi e cercare di incamminare la convivenza in binari di civiltà, utilizza questi arrivi per pura speculazione politica, ottenendo una esasperazione dei toni da parte di ciascun attore della disputa, che a tutto serve fuorché alla risoluzione del problema.

Speriamo che quanto sta succedendo oggi ad Itri con un incontro delle comunità venga utilizzato come buon esempio e che porti ad una maggiore prevenzione di tali fenomeni, ringraziando il sindaco ed i partecipanti per l’ottima idea sulla via di una completa riappacificazione, vi porgo nuovamente i miei più sentiti saluti.

Con affetto Angelo Sini

 

https://casertasera.files.wordpress.com/2019/10/rino-solinas.jpg Rino Solinas

SARDI COME INIZIO DI UN PERCORSO DI PACE

Pubblicati su CASERTA SERA-7 ottobre 2019 da Redazione.

Orazio Ruggieri - Itri entra a pieno diritto, nell’antologia della letteratura della pace. Questa è, infatti, la portata della storica serata di sabato 5 ottobre quando, figure istituzionali del governo regionale sardo, di comuni isolani e del comune di Itri, in un coinvolgente lavoro, svolto in sinergia con esponenti del mondo culturale e soprattutto, con quanti hanno creduto che la pace si può raggiungere e far crescere esponenzialmente con la convinta adesione concreta a un comune percorso di integrazione totale tra la gente di ogni estrazione sociale, razziale e territoriale, hanno scritto una pagina fondante del clima di civile convivenza tra la comunità sarda, tremendamente colpita da un evento che definire feroce è sicuramente poca cosa rispetto al barbaro oltraggio perpetrato alla dignità umana, e il popolo di Itri che, nel lontano 1911, vide molti dei suoi figli macchiarsi dell’atroce delitto di strage perpetrata ai danni di onesti e laboriosi lavoratori venuti dall’isola in continente per essere impiegati, in condizioni di assurdo sfruttamento economico e di deprecabile discriminazione socio-razziale, nella realizzazione della galleria che collegava il tratto di rete ferroviaria tra Fondi e Itri nella costruenda linea Roma-Napoli. Assente il dott. Valerio De Gioia, giudice della prima sezione penale del Tribunale di Roma, per sopraggiunti impegni di lavoro, erano presenti al convegno il Direttore Generale dell’assessorato agli enti locali della Regione, il sindaco di Ottana (Franco Saba, quello di Itri, l’avv. Antonio Fargiorgio. Due meravigliose opere narrative presentate, impostate su fatti realmente accaduti e che portano la firma di Rino Solinas (Nella foto), autore de “Le campane suonarono  a stormo”, e del dott. Nicola Maggiarra, che ha presentato la sua nuova fatica libraria “Quando canta la civetta”, ai protagonisti, a vario titolo, della serata, tra i quali la dott.ssa Patrizia Stefanelli, che ha letto pagine significative del testo del Maggiarra, il tutto sotto la perfetta regia organizzativa dello scrittore e ricercatore Pino Pecchia che, oltre a relazionare sul libro del Solinas, ha guidato il pur articolato confronto tra i relatori e il numerosissimo pubblico presente nella stracolma aula consiliare di Itri, da tutti costoro – si sottolineava - è giunto un meraviglioso contributo all’epica riappacificazione tra le due comunità. “Riappacificazione che – si  è ben evidenziato – non significa dimenticare quella bruttissima pagina di sangue e morte e, neppure, chiusura di un orrendo episodio che ancora fa sanguinare ferite mai completamente rimarginate in Sardegna e a Itri, ma punto di partenza per la costruzione, in armoniosa sinergia, di un futuro positivo e migliore per le due comunità che tanti punti similari hanno nelle loro cultura, abitudini e valori ispiratrici della quotidianità”. E, proprio in esecuzione pratica di questo impegno, si è convenuto di attivare un incontro in Sardegna, per sottoscrivere un protocollo comune di fattiva collaborazione costruttiva, in occasione della ricorrenza del primo matrimonio tra un sardo e una itrana, avvenuto appena due anni dopo i tragici fatti del 1911, a dimostrazione della buona volontà, di chi crede nell’incontro e nell’integrazione, a ricucire un rapporto tra la gente dei due luoghi, incontro – si diceva - cui far seguire, nella giornata del mese di luglio, tragica ricorrenza della mattanza tanto funesta, un gemellaggio, il cui atto di nascita dovrebbe trovare collocazione nella cittadina aurunca e al cui rito protocollare dovrebbero intervenire tutte le figure istituzionali dei centri sardi coinvolti in questo oscurantistico giorno che dovrebbe servire da autentica lezione storica per la costruzione della pace. E in questa prospettiva vanno – concludendo – le parole della targa che il sindaco di Itri, l’avv. Fargiorgio, ha idealmente consegnato a tutta la gente di Ottana, uno dei comuni che ha visto cadere, due dei suoi figli:

 “Ai nostri amici Sardi, per voltare, senza dimenticare, una triste pagina di Storia… per riscriverne finalmente insieme un’altra all’insegna dell’amicizia… per avviare un percorso di riconciliazione… per sanare una ferita che non andava inferta…

Itri 5 ottobre 2019.                     Il sindaco

                                     avv. Antonio Fargiorgio”.

Pubblicato su "Casertasera"

 

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I SARDI A ITRI

Sulla via della riconciliazione

   L’appuntamento era previsto per il cinque di ottobre a Itri nell’aula consiliare del comune. Doveva essere la  presentazione di due libri: “Le campane suonarono a stormo” di Rino Solinas e “Quando canta la civetta” di Nicola Maggiarra. Duplice presentazione sostenuta dal sindaco avv. Antonio Fargiorgio. Un argomento comune agli autori, per due forme letterarie diverse; romanzo storico di Solinas, dramma teatrale di Nicola Maggiarra: occasione per raccontare i fatti della rivolta di Itri contro i sardi venuti in Terra di Lavoro nel 1911 per la costruenda Direttissima Roma-Napoli, che si conclusero con la morte di tre operai sardi. Si chiamavano: Antonio Atzas e Antonio Barranca di Ottana, Efisio Pitzus di Lanusei, uccisi in varie zone di Itri da una folla impazzita, più una ventina di feriti tutti isolani.

L’evento ha assunto ben altra connotazione, e il merito va a Solinas, sardo, nativo di Pattada e residente a Santa Teresa Gallura, romanziere per passione, il quale ha intuito che la presentazione poteva trasformarsi in qualcosa di più importante, un convegno, coinvolgendo alcune istituzioni della Sardegna. Così è stato.

  E il cinque ottobre è stata definita una data storica: il punto di partenza per una auspicata riconciliazione dopo ben 108 anni da quella tragedia. Unanimi consensi sono stati espressi dai rappresentanti delle istituzioni della Sardegna, di cui dirò e i relatori: chi scrive, per il romanzo storico di Rino Solinas e da Patrizia Stefanelli per il dramma teatrale di Nicola Maggiarra. La conferma e venuta anche dal pubblico presente, a fine serata; tra questi il vice sindaco di Fondi dott. Beniamino Maschietto, e la Presidente della Commissione Pari Opportunità, dott.ssa Rita Di Fazio, dal prof. Giovanni Pesiri e dal vice Presidente dell’Associazione Cerdena di Latina (la famiglia sarda), Filippo Cerina. L’interesse per il tema trattato ha visto la presenza di alcuni sindaci, nonché assessori delle passate amministrazioni, di quella in carica e consiglieri di opposizione. Non sono mancati alcuni distinguo, per la forma, connessi alla riconciliazione.

   La sorpresa maggiore e venuta dal dott. Oppus, dir. Gen. degli EE. LL. e Finanze della Regione Sarda, durante il suo intervento. Egli ha rivolto l’invito al sindaco di Itri a recarsi con una delegazione, nel febbraio del 2020 a Ottana, in provincia di Nuoro, proponendo un ulteriore incontro il 13 luglio successivo a Itri, data della rivolta contro gli operai sardi da parte degli itrani. Con un fine: giungere ad una definitiva riconciliazione tra le due comunità.

Al convegno oltre al dott. Oppus, quali ospiti dell’Amministrazione comunale di Itri, erano stati invitati: i sindaci di Santa Teresa Gallura, Ottana, Pattada e di Lanusei. Di questi il sindaco Sini ha inviato un messaggio al sindaco Itri, auspicando sentimenti di riconciliazione. Stefano Pisciottu, sindaco di Santa Teresa Gallura, ha inviato una targa in segno di amicizia.

 Quattro amici sono giunti a Itri al seguito di Solinas e signora, ricevuti dal sindaco e dai componenti lo staff organizzativo al momento del loro arrivo. Gradita è stata la presenza dell’editore di Solinas, Paolo Sorba.

    Come dicevo, positivi i risultati del convegno, anche sotto l’aspetto mediatico, grazie agli addetti stampa, è stato rilanciato dall’ANSA, è ripreso da testate nazionali come Repubblica, Famiglia Cristiana e quotidiani locali e siti internet del Lazio e della Campania, inoltre il libro di Solinas è stato recensito positivamente alcuni giorni prima della presentazione sul quotidiano di Roma “La Voce”, dal giornalista e scrittore Vittorio Esposito.

   Il convegno ha raggiunto il suo apice quando il pubblico, che gremiva la sala, unitamente ai  relatori, dopo aver assistito alla proiezione del filmato realizzato da Solinas sulla emigrazione, si è alzato in piedi, e gli ha tributato un lungo meritato applauso, con l’autore apparso visibilmente commosso.

  Tempo libero per Solinas e  i suoi amici sardi, il giorno successivo il convegno;  hanno visitato i reperti archeologici ritrovati tempo fa, riferiti ad un luogo di culto di un’importanza notevole. Si tratta di un sito risalente alla fine del IV secolo a.c., con il ritrovamento di numerosi reperti marmorei, numismatici e materiale epigrafico, venuti alla luce durante gli scavi condotti dalla Soprintendenza Archeologica del Lazio in loc. San Cristoforo. Di cui a suo tempo si parlò anche su questo periodico e successivamente con testo pubblicato dalla stessa archeologa Marisa dè Spagnolis*.

I lavori e gli oggetti rinvenuti sono stati illustrati dalla presidente della Associazione Ytri Archeologica, dott.ssa Corretti e dai soci Gianpaolo Ciccarelli e Paolo Manzi, che hanno manualmente partecipato ai lavori di scavo.

   Gli ospiti successivamente, accompagnati dal sindaco Fargiorgio e dal vice Di Biase hanno visitato il centro storico di Itri, il castello medioevale risalente al IX sec., e la chiesa di San Michele Arcangelo del XII sec., monumenti illustrati da Lorena La Rocca, esperta guida della Proloco di Itri, che gestisce i centri della cultura itrana. Luoghi dove Solinas ha ambientato la storia d’amore di Cicutenne (sardo) e Angelina (itrana), angoli del borgo mai conosciuti dall’autore, ma identici alla sua narrazione. Il tempo, tiranno, non ha permesso loro di visitare il Museo del Brigantaggio, il tracciato dell’Appia antica, tra Fondi e Itri, meta di turisti e non ultimo il santuario della Madonna della Civita, la cui effige si trova sull’omonimo monte dall’anno 1000, visitato da migliaia di fedeli ogni anno.

   Ho letto, primo fra tutti, il romanzo “Le campane suonarono a stormo” con prefazione  del prof. Emidio Quadrino. Quale relatore del libro mi è sembrato  coinvolgente, oltre che ben scritto. La vicenda tragica dei sardi nel 1911 è presentata attraverso un’articolata narrazione, che evidenzia la condizione dei protagonisti di quanto accaduto, le loro avventure, le speranze e, purtroppo, la loro sofferenza. I personaggi sia principali, che di contorno e lo sfondo storico dipingono un quadro triste, ma reale, che rendono chiaro ed evidente l’intento dello scrittore: informare sui fatti, senza essere di parte, dando la dovuta importanza al valore della dignità umana umiliata e ferita in modo profondo e insanabile.

   Un romanzo ricco di particolari nella descrizione dei paesaggi, ambienti e dei personaggi, con tutti i loro sentimenti autentici e profondi.

   Solinas tratteggia con maestria un quadro disperato in cui s’intravedono tratti di luce e viene da chiedersi se quanto raccontato, descrive solo un determinato momento storico o se rappresenta una condizione permanente per l’umanità.

   All’autore, giunto alla sua sesta opera, il merito di essere riuscito a immedesimare il lettore in quei tragici momenti del 1911, per la veridicità dei fatti avvenuti.

   Lo definirei un magnifico affresco che spesso commuove per il suo verismo, ricco di personaggi e di storie. Un romanzo scritto con il cuore di un vero sardo, teso a difendere, giustamente, i sacrifici di una comunità spesso presa di mira con luoghi comuni e discriminazioni. Solinas con il suo romanzo invita tutti a riflettere, dopo un’attenta valutazione di quanto si verificò nel 1911, non solo attingendo alla memoria orale, ma con l’acquisizione di testi, dove determinanti sono le fonti inoppugnabili cui fa riferimento, per stabilire il decorso degli avvenimenti.

 Convegno conclusosi con scambio di doni e di una targa ricordo del sindaco Fargiorgio, con una dedica significativa che recitava: Ai nostri amici sardi, per voltare, senza dimenticare, una triste pagina di Storia… per riscriverne finalmente insieme un’altra all’insegna dell’amicizia… per avviare un percorso di riconciliazione… per sanare una ferita che non andava inferta…, Rino Solinas ha ricevuto un’opera del pittore prof. Bruno Soscia raffigurante il castello di Itri.

   La serata si è conclusa con una riunione conviviale offerta dall’Amministrazione comunale; presenti tutti gli ospiti sardi, autori e relatori a gustare i prodotti della gastronomia e della tradizione itrana. Un momento aggregante, ricco di proposte, tutti convinti a tenere aperti i contatti per organizzare al meglio gli appuntamenti ideati dal dott. Oppus per il prossimo anno.

 I contatti umani hanno fatto il resto. Il rapporto di amicizia che si è creato all’arrivo, si è rafforzato man mano che gli ospiti hanno visitato anche i luoghi della tragedia, in uno spirito nuovo, direi di fratellanza. Una realtà che è stata confermata dagli stessi, nel momento della partenza, velata da una malcelata commozione.    

 Concordo pienamente con Solinas quando invoca la riconciliazione tra le due comunità. Nobile lo spirito che lo anima. Anch’io ho motivo di credere che dal seme della riconciliazione potrà germogliare una  pianta robusta nel terreno fecondo della concordia; può crescere rigogliosa e dare i frutti sperati. In un contesto, mi  auguro, di perfetta riconosciuta parità.  

 

Pino Pecchia*

-Marisa dè Spagnolis: IL SANTUARIO ROMANO IN LOCALITÀ SAN CRISTOFORO, ed. AliRibelli, aprile 2019

-Pino Pecchia: I SARDI A ITRI (2003),  e  1911-LA RIVOLTA DI ITRI (2011) Ed. Arti Grafiche Kolbe - Fondi.

- Articolo pubblicato su “La Voce” di Fondi, Novembre 2019.

 

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Cultura

GAZZETTA DEGLI AURUNCI Pag. 5

 Lo storico incontro del 5 ottobre scorso, a Itri, tra le istituzioni, gli studiosi, la gente del posto e una qualificatissima delegazione composta da amministratori e appassionati di storia della Sardegna, convocatisi per suggellare una pace tra le due comunità, dopo ben 107 anni di incomprensione seguiti alla tragedia del 1911 quando alcuni operai isolani impegnati a realizzare, nel territorio di Itri, la galleria della nascente linea ferroviaria Roma-Napoli, vennero uccisi dalla gente del posto, ha avuto, come conseguenza, anche quella di far conoscere fino in fondo a chi ne fosse stato all’oscuro, le vere cause che scatenarono l’ira omicida di molti, con il conseguente solco di odio e di incomprensione tra le due parti. Insieme al romanzo storico di Rino Solinas, uno scrittore per hobby di Santa Teresa Gallura, che ha firmato la bellissima opera “Le campane suonarono a stormo”, la gente ha ripreso in mano, approfondendone la lettura, il contenuto del dramma messo in scena, nel lontano 1975, dal dott. Nicola Maggiarra, presidente dell’associazione culturale teatrale “Mimesis” e che ha visto la luce due mesi fa con il titolo “Quando canta la civetta”. L’opera, che si presenta con pagine a doppia facciata (una scritta in sardo e l’altra in italiano) ripercorre, in chiave recitativa i momenti che precedettero e segnarono quelle tragiche vicende, forte di un approfondimento di ricerca di fonti che concorrono a rendere il libro un documento validissimo per “fotografare” quanto successo poco più di un secolo fa. Importantissimi sono, soprattutto, i risultati delle ricerche storiche che NICOLA MAGGIARRA E LA VICENDA DEI SARDI edizione riveduta e corretta tracciano l’insediamento, a Itri, di Sardi che costituirono, con donne del posto, nuclei familiari che tutti oggi ben conoscono e che rappresentano, soprattutto, un perfetto amalgama e una meravigliosa integrazione con la gente di Itri. Tralasciando a chi possiede competenze sicuramente superiori a quelle di cui è dotato lo scrivente la valutazione stilistica e critica dell’opera, ci piace qui ricordare la grata attestazione, da parte dell’autore, a quanti hanno contribuito a impreziosire il libro, sia con disegni, sia con testimonianze rese attraverso il racconto. E qui l’elenco inizia con il prof Normanno Soscia, conclamato maestro dell’arte pittorica, che ha approntato il disegno di copertina che impreziosisce la pubblicazione. Una grata attestazione il dott. Maggiarra rivolge all’avv. Antonio Fargiorgio, sindaco di Itri, per “aver visto nelle pagine un senso di equilibrio e di giustizia con cui la vicenda viene trattata, fattore, questo, che contribuisce alla riappacificazione tra i due popoli”. Un “grazie” va al prof. Mario La Rocca e al sig. Antonio Casu, rispettivamente per la consulenza linguistica per l’itrano, il primo, e per il sardo, il secondo. Un’attestazione particolare va, poi, alla dott. Patrizia Stefanelli per una serie di contributi operativi e stimolanti alla pubblicazione del racconto dei tragici fatti. Seguono il “grazie” agli eredi Musu-Ruggieri, all’avvocato Giuseppe Cece, alla signora Amalia Del Bove, che ha riportato brani di lettere del papà emigrato in Australia. L’elenco continua con la grata citazione del prof. Daniele Pennacchia, che ha curato la ricerca sui flussi migratori, e lo storico e scrittore Giuseppe (Pino) Pecchia per l’immane sforzo di ricerche presso archivi storici e agenzie giornalistiche al fine di addivenire a dare alla verità i contorni storicamente ineccepibili su tutto quanto successo in quei giorni bui della storia di Itri e della Sardegna. Insieme a tutti loro, l’autore ricorda il sempre proficuo contributo organizzativo fornito da Giovanni Martone, segretario dell’associazione culturale teatrale “Mimesis”.

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da Facebook ottobre 2019

RINO SALINAS

Venerdì ore 17:41

 

Questo signore è il ricercatore, storico, scrittore Pino Pecchia di Fondi, il quale si è speso in modo disinteressato, mettendomi a disposizione tutte le sue conoscenze storiche e umane affinché il mio ultimo romanzo “Le campane suonarono a stormo” potesse sensibilizzare le istituzioni che si stanno muovendo per una definitiva riconciliazione delle nostre due comunità. Senza il suo apporto difficilmente si sarebbe raggiunto questo risultato.

Grazie Pino. Grazie soprattutto per la tua semplice e discreta amicizia.

 

 

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                   Rino Solinas e la stretta di mano con Pino Pecchia del 5 ottobre

 

ITRI. LA PROPOSTA: SOLINAS E PECCHIA APOSTOLI DELLA PACE

Published on 6 Novembre 2019-in Attualità di Redazione

Scritto e a cura di Orazio Ruggieri

ITRI – È passato un mese da quello storico 5 ottobre quando, a Itri, dove, 108 anni prima, nel mese di luglio, venne scritta una pagina squallida e dolorosa che ha macchiato, per oltre un secolo, la storia di una gente pur tanto laboriosa e onesta, si è posta la parola fine al clima di comprensibile diffidenza nutrita da molti parenti, conoscenti e conterranei delle vittime verso gli efferati distributori di morte agli operai sardi, vessati e sfruttati da una classe dominante, sia economica che politica, che li gettò nelle miserande viscere del monte che doveva essere traforato per consentire il passaggio della nascente linea ferroviaria Roma-Napoli, via Formia.

 Quel meraviglioso primo sabato di ottobre assistette alla conclamata disponibilità dei Sardi, intervenuti a Itri in rappresentanza del popolo isolano, e delle massime istituzioni locali, di cogliere il significato di quei tremendi giorni di sangue per far partire, dopo la storica riconciliazione, un comune percorso di concordia e di feconda operosità sinergica tra la gente di Sardegna e i conterranei di Michele Pezza, alias Fra’ Diavolo.

Pino Pecchia

E ci fu, in quella serata che definire storica è forse piuttosto riduttivo, quella stretta di mano tra Rino Solinas, autore del capolavoro narrativo “Le campane suonarono a stormo”, e Giuseppe (Pino) Pecchia, versatile studioso dagli interessi culturali poliedrici, autentici protagonisti della palingenesi rigeneratrice del rapporto tra due comunità che mani efferate “dagli intenti deviati” avevano voluto dividere per oltre cento anni. 
E se il palmo della mano di Solinas manifestava quel tremore tipico della commozione che sfugge al razionale controllo che la mente esercita abitualmente sulle emozioni forti, altrettanto le corde del cuore di Pecchia, caparbio e instancabile regista  di questo capolavoro di pace, non sfuggivano alle regole dello sbando aritmico.

In quella fatidica sera ci fu, poi, il “colpo a sorpresa”, da molti indicato come coup de théâtre, quello che non era previsto su nessuna scaletta del palinsesto pure messo a punto con teutonica precisione, lontano parente di quel “deus ex machina” che i classici solevano inserire nel protocollo recitante delle tragedie greche o latine.

  La dott.ssa Rosa Corretti, generale medico della Polizia di Stato in pensione, attualmente presidente dell’Associazione Archeologica Ytri che ha recitato un importantissimo ruolo nel cerimoniale dell’accoglienza a Itri e dello scambio delle testimonianze culturali tra le due comunità, strappando

 Rosa Corretti

letteralmente di mano il microfono al conduttore pur con fare e con un intento garbatissimo e giustificato, colse nettamente di sorpresa l’oceanica platea e, in primis, lo stesso Giuseppe (Pino) Pecchia. Srotolando un comunicato racchiuso in un foglio a forma protocollarmente cilindrica, lesse la motivazione contenente il conferimento, da parte dell’unanime parere favorevole del Comitato Direttivo dell’Associazione Archeologica Ytri, all’apostolo della Pace, <Pino> Pecchia, il quale, solitamente brillante anche nell’improvvisare saluti e interventi in qualsiasi occasione pubblica, rimase, per la commozione, bloccato e visibilmente commosso.

Ora, a distanza di un mese, si moltiplicano sui siti e sugli organi di informazione gli inviti, da parte di tante e variegate fasce sociali della gente di Itri, a sollecitare il comune o altre strutture istituzionali a dare vita una giornata dell’impegno per la pace (quella messa concretamente in atto e non solo strillata ad usum delphini) affinché sia Rino Solinas, sia Giuseppe (Pino) Pecchia vengano insigniti dell’attestato di “apostoli della Pace”. Staremo a vedere!

 

 

 

 

 

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