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 GIANPAOLO CICCARELLI

Finalista al Concorso Nazionale:

   Salva la tua lingua locale

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Presentazione

La conoscenza del dialetto itrano, anche se approssimativa, grazie altresì alla traduzione a fronte proposta dall’autore, mi ha dato la possibilità di tornare indietro nel tempo e rivivere i momenti significativi degli oltre cinquant’anni di contatti avuti con la comunità itrana.

Emergono da questo gradevole e frizzante mosaico fatti e personaggi, che hanno caratterizzato la vita a Itri di Gianpaolo Ciccarelli, dei quali è fedele memoria storica.

A parte sporadici ritornelli carnevaleschi, pubblicati durante gli anni ’30, o alcune pagine in dialetto, inserite nella produzione libraria di autori locali, questo volume si caratterizza come una novità, perché dedicato al dialetto itrano, con qualche brano in dialetto napoletano. Peraltro l’autore ha consultato un prezioso dizionario, che cita in bibliografia, per essere il più fedele possibile all’idioma locale.

Il primo lavoro dell’autore è dedicato a Itri. Si appalesa sin dai primi versi come un atto d’amore nei confronti della sua terra. Reminiscenze giovanili di personaggi, luoghi e fatti scorrono come immagini su uno schermo, con vivacità e delicatezza per il modo in cui sono raccontate. Storie ricche di vita locale, che si trasformano nel tempo provocando all’autore un profondo sentimento nostalgico.

Ciccarelli racconta il periodo post bellico con gli occhi del bambino, prima e dell’adulto poi, quando oltre al lavoro si impegna in una lunga attività amministrativa, che lo vede operare in svariati campi del sociale e della cultura. Un contatto diretto con una comunità verso la quale ha profuso le sue doti migliori.

L’ambiente fascinoso degli Aurunci è raccontato negli aspetti più idilliaci tra cinguettii di uccelli e una flora variegata e profumata. Non mancano scritti goliardici che fanno sorridere per i contenuti, e che potrebbero apparire irriverenti, ma si decantano verso dopo verso, procurando momenti di ilarità.

Un concittadino di Michele Pezza – al secolo Frà Diavolo – non poteva non incentrare la lunga carrellata di personaggi famosi, cui Itri ha dato i natali, sul protagonista dell’insorgenza in Terra di Lavoro. L’ha fatto in modo storicamente attendibile, seguendo una cronologia puntigliosa, ponendosi alla fine un interrogativo, quando paragona il guerrigliero itrano ad un personaggio della Storia d’Italia.

Mentre il dialetto è uscito pian piano dall’uso quotidiano, anche se ancora radicato, e come in questo lavoro teso ad un recupero delle radici storiche della comunità, i versi degli idiomi locali appaiono sempre più spesso adatti a ben figurare nel regno della poesia. Oggi gli scritti in dialetto scorrono sotto gli occhi dei lettori, disposti a ricorrere a una traduzione a fronte: un paradosso, piacevole se vogliamo, che rinnova la consueta tendenza a fuggire dalla lingua che parliamo.

Sicuramente sortirà un certo effetto nei giovani di questo terzo millennio, memori dei lavori di ricerca fatti durante il ciclo di studi secondario, che cercheranno di interpretare il dialetto con l’aiuto degli adulti di casa, i quali narreranno i fatti raccontati da Ciccarelli, anch’essi con un pizzico di nostalgia. E’ questo uno degli obiettivi dell’autore, alla fine della poesia Le putéë de Itri, che la memoria storica di Itri e del suo dialetto non vada persa: … si parlano tante lingue e tanti dialetti e qualcuno, come oggi ho fatto io, forse dirà tra sessant’anni: a Itri, nel 2015, che belle botteghe c’erano!...

La lirica di Ciccarelli ne sono certo riuscirà a coinvolgere il lettore, che troverà una fedele traduzione in italiano stampata a fronte; sarà un momento di riflessione per una realtà che va scomparendo – di cui siamo causa – come scrive l’autore, in un coinvolgente scenario poetico.                                                                                                              

Pino Pecchia

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da Fondi webtv

Da Itri al Campidoglio. Un premio al dottore e scrittore Gianpaolo Ciccarelli

di Simone Di Biasio

Centro al primo colpo. In un doppio senso: centro come obiettivo importante raggiunto e il Centro come luogo geografico italiano con un suo dialetto, vere e prime lingue. Protagonista sono Itri e la poesia in vernacolo, ma soprattutto Gianpaolo Ciccarelli, dalle corsie del laboratorio analisi dell’ospedale di Fondi al Campidoglio in qualità di finalista del concorso letterario nazionale “Salva la tua lingua locale”.

Un riconoscimento inaspettato per Ciccarelli, nativo di Itri e alla sua prima raccolta di versi pubblicata anche grazie all’incentivo dell’amico Pino Pecchia (col quale presentò il libro lo scorso 17 agosto insieme a Mario La Rocca, autore del Dizionario del Dialetto Itrano). Una laurea in scienze sanitarie per Ciccarelli, l’esperienza in politica tra gli anni Ottanta e Novanta in veste di vicesindaco di Itri, ma ora anche questo apprezzamento in un Premio che vanta Tullio De Mauro in veste di Presidente della Giuria.

La premiazione, con il patrocinio del Presidente della Repubblica e oltre 500 opere in concorso, è avvenuta il 22 gennaio scorso nella sala della protomoteca in Campidoglio, stracolma. La menzione con targa è avvenuta per il componimento “Le putee di Itri” (Le botteghe di Itri), contenuta all’interno del volume “La pichë e gliu ruàzzë”. Da sottolineare che i proventi per la vendita del libro sono già stati devoluti all’Associazione “Solidarietà Onlus” di padre Domenico De Rosa. Si tratta del primo libro scritto completamente in prosa in dialetto itrano con a fronte l’italiano...

Dalla premessa al libro dell’autore
Tutto è cominciato agli inizi di marzo, per gioco, commentando con i colleghi di lavoro alcune situazioni divertenti che mi erano capitate. Senza rendermene conto e senza velleità alcuna, ho sentito dentro di me il desiderio di scrivere storie in rima, sulla falsariga del noto cantautore napoletano Federico Salvatore, che ha raggiunto la sua massima notorietà agli inizi degli anni ‘90; tanti lo ricorderanno ospite abituale della trasmissione televisiva ”Maurizio Costanzo Show”. Così ho prodotto le storie in dialetto napoletano, che peraltro conosco in modo superficiale e che ho portato all’attenzione di alcuni amici medici, di origine partenopea, che prestano servizio con me nell’ospedale di Fondi. Con sorpresa ho costatato che i miei componimenti avevano suscitato in loro una spontanea ilarità.

Capitò, sempre più di frequente, che la sera in compagnia di amici, ricordando anche i tempi andati, annotavo sul mio cellulare alcuni pensieri e fatti di vita vissuta, mai dimenticati, che la mia mente di adulto aveva elaborato e ricordava con nostalgia e orgoglio. Un desiderio che si celava in me da qualche tempo, quello di raccontare i tanti aneddoti che conoscevo su persone di Itri e di Fondi. Sono stato simpaticamente incoraggiato a realizzare il mio progetto di scrittura, in tal modo ho esaudito anche la mia voglia di narrare.
Ed ecco affiorare alla mia mente, vivi, indelebili, i ricordi di me bambino, quando abitavo con la mia famiglia all’ultimo piano di un palazzo accanto al municipio. Ripenso alla nevicata del 1956, quando avevo solo quattro anni e a quènnë la mègnatórë në iévë vàscë, periodo di restrizione per molti, in cui si andava a scuola, in pieno inverno, con i pantaloncini corti e le gambe livide per il freddo. Potrei dire “altri tempi”, ma poi mi accorgo che inesorabilmente la storia si ripete con il suo carico di eventi felici e tristi, anche se con qualche sfumatura. La storia di ognuno di noi è una particolare ricchezza e allora, perché non alimentare la memoria storica di una comunità, quella itrana, cosicché non vada persa? Questo lo spirito della mia iniziativa, come ho scritto né Le putéë di Itri, l’intento è di trasmettere un simpatico saggio alle generazioni future. Né La pichë e gliu ruàzzë ho tracciato un aspetto particolare dell’indole itrana, l’orgoglio smisurato di appartenenza alla propria terra. Ho scritto anche di Fra Diavolo, personaggio ben noto ai cultori di storia del brigantaggio, e di Michele “Muglittë” altra figura leggendaria di Itri. Insieme ai ricordi personali e ai racconti di figure mitiche ho riportato considerazioni sull’uso improprio dei pesticidi che alla fine potrebbero offuscare il meraviglioso spettacolo della natura. E infine non mancano scritti goliardici, che potrebbero sembrare impertinenti, ma che hanno ricevuto l’approvazione schietta dei miei amici napoletani. Tutto questo il mio modesto contributo alla bibliografia itrana, il cui ricavato, tolte le spese per la tipografia Fabrizio, che ringrazio per aver accettato il mio progetto, andrà per intero alla comunità di recupero Solidarietà Onlus di Padre Domenico De Rosa.

Un ringraziamento particolare va al mio caro amico Pino Pecchia. Lo conobbi nel 1966 quando giocavo nella squadra di pallacanestro di Itri, che partecipava per la prima volta a un campionato. Una domenica mattina Itri, il cui allenatore era proprio Pino, ospitò la squadra di Aprilia. Mi rivolsi scherzosamente a lui, quando mi venne spontaneo evidenziare la netta differenza di altezza tra me, che arrivavo a mala pena al loro cuore e alcuni giocatori. La risposta fu netta, in dialetto fondano: Magngl lu còr! Fu così che perdemmo di brutto quel giorno (73 a 13).

Nel 1973 ci siamo ritrovati “colleghi“ al comune di Itri, per soli cinque mesi, ma è sempre stato un punto di riferimento per me, così come lo è stato in seguito, quando sul finire degli anni ’80 e agli inizi dei ’90, in due periodi diversi, ho avuto l’onore di essere Vice-Sindaco, con il compianto Pasquale Ciccone e con Egidio Agresti.

Insieme in quegli anni abbiamo realizzato numerose iniziative sociali e culturali. Credo che Pino Pecchia, cittadino onorario di Itri, sia persona dotata di notevoli qualità umane, culturali e organizzative, che ha messo a disposizione della comunità itrana cinquant’anni della sua vita, prima funzionario del comune di Itri, e negli ultimi dieci anni storico e autore di libri su personaggi ed episodi storici che hanno riguardato la vita del mio paese e per i quali ha ottenuto prestigiosi riconoscimenti in vari concorsi letterari. Non potevo non rivolgermi a lui in questo frangente, per una valutazione competente e disinteressata sul mio lavoro, a suo dire apprezzabile, che ha fugato i miei dubbi sulla pubblicazione.

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da Canale7 di Roberta Marangon

 

L’itrano Gianpaolo Ciccarelli, dalle corsie del laboratorio analisi dell’ospedale di Fondi al Campidoglio in qualità di finalista del concorso letterario nazionale “Salva la tua lingua locale”. Un riconoscimento inaspettato per Ciccarelli, nativo di Itri e alla sua prima raccolta di versi pubblicata.

Una laurea in scienze sanitarie per Ciccarelli, l’esperienza in politica tra gli anni ottanta e novanta in veste di vicesindaco di Itri, ma ora anche questo apprezzamento in un premio che vanta Tullio De Mauro in veste di presidente della giuria.
La premiazione, con il patrocinio del Presidente della Repubblica e oltre 500 opere in concorso, è avvenuta il 22 gennaio scorso nella sala della protomoteca in Campidoglio. La menzione con targa è avvenuta per il componimento “Le putee di Itri” (Le botteghe di Itri), contenuta all’interno del volume “La pichë e gliu ruàzzë”. Si tratta del primo libro scritto completamente in prosa in dialetto itrano con a fronte l’italiano...

I proventi per la vendita del libro sono già stati devoluti all’Associazione “Solidarietà Onlus” di padre Domenico De Rosa.

 

Presentazione del libro il 17.8.2015

nella corte del Comune di ITRI (LT)-(foto-studio Vito La Rocca)

 

Concorso Nazionale:  “Salva la tua lingua locale”-

22 gennaio 2016 presso la Sala della Protomoteca in Campidoglio a Roma

con il patrocinio della Commissione Nazionale Italiana per l'UNESCO.

 

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